Il Festival dei Blog Letterari

7/8 Luglio 2012 - Thiene (VI)

Il presente ed il futuro dei blog letterari secondo Francesco Terzago

Mercoledì 24 Ottobre 2012 - 16:30
Internet ci conduce, troppo spesso, a valutare il nostro operato utilizzando dati di natura quantitativa e non qualitativa: ottenere molti mi piace o scoprire che una pagina, in poche ore, abbia ricevuto un numero considerevole di visite significa per noi il successo stesso di un contenuto ma siamo proprio sicuri che sia la sola diffusione repentina a importare?
La struttura stessa dei blog (e dei siti internet in generale), che tende a gerarchizzare i contenuti secondo il momento della loro pubblicazione comporta, in un certo senso, che gli utenti concentrino la loro attenzione solo sui sugli ultimi contenuti apparsi nel nostro spazio web. L'andamento stesso della rete ci abitua, senza che noi ce ne si accorga, a dinamiche consumistiche. Perché il nostro blog sia bene indicizzato, abbia un page-rank elevato, si presume, che venga aggiornato regolarmente, allo stesso tempo che i contenuti che vi appaiano siano dotati della necessaria rosa di tag, a questo proposito diventa necessario rivolgere la nostra attenzione a strumenti come Google Trend che, generalmente, forniscono dati disposti lungo un asse temporale, inoltre è per noi conveniente operare su Twitter utilizzando degli ashtag che, nel momento della nostra pubblicazione, siano di utilizzo diffuso o, come nel caso di LitBlogStorm, tentare di originarne di nuovi, che rappresentino la necessità aggregativa di un preciso gruppo sociale. Nel caso specifico, di quegli autori che si riconoscono in un programma di intenti.
È, come sappiamo bene, la promozione su Facebook o Twitter che origina sui nostri siti una vera e propria esplosione di visite, perché è nei confini di questi social-network che è possibile segnalare il proprio articolo a un pubblico che, in tutta probabilità, ne sarà interessato – confini che, giorno per giorno, si fanno sempre meno netti, grazie a tutti quegli elementi informatici di integrazione che, già da parecchio tempo, costellano qualsiasi pagina web, mi riferisco ai vari bottoni: mi piace, condividi, tweetta e senza i quali la stessa ci parrebbe spoglia e indeterminata.
I motivi sono molteplici e indirizzati dal profitto (non nostro) ma del colosso di Zuckemberg o da quello di Jack Dorsey, perché Facebook e Twitter devono il loro successo economico al volume di informazioni che riescono a contenere. La cosa che ci interessa in questo momento è la capacità che questi spazi sociali hanno nel ricondurre in specifici collettori un'utenza che è contraddistinta da certe caratteristiche. Pensiamo alle modalità con cui Facebook ci suggerisce le amicizie: nel momento in cui tra i miei amici ci saranno venti scrittori/blogger/giornalisti/poeti/operatori culturali è statisticamente molto probabile che le facce che mi appariranno sulla destra del mio schermo apparterranno a persone che nutrono il loro interesse per uno di questi ambiti (o per più d'uno), ambiti che, del resto, hanno tra loro delle innegabili affinità. Poi vi sono le pagine alle quali si può diventare fan, i gruppi segreti o pubblici. Infine vi è la homepage di Facebook, quella dove ci appaiono, minuto per minuto, secondo per secondo, le informazioni che gli altri utenti, i nostri amici, hanno deciso di condividere. Ma come in uno tsunami di messaggi anche il contenuto più resistente rischia di essere spazzato via dal rumore, avrà, nella migliore delle ipotesi, una saltuaria riedificazione, in un luogo un po' più distante dal mare ma che, inesorabilmente, molto presto verrà anch'esso inondato.
Per questi, e per molti altri fattori, I blog letterari, sono gestiti (anche quando la volontà non sarebbe propriamente quella) in modo simile a fast-food, ci si concentra – nella maggior parte dei casi –  sull'ottenere best-seller e, solo eventualmente, long-seller, –  pensiamo a chi si è fatto la guerra per occupare le prime posizioni delle classifiche di Lipperatura (un esempio arcaico) o, soggiacendo sempre alle stesse logiche, quei fatti di Attualità che hanno riguardato la Repubblica delle Lettere e su cui, quasi ognuno di noi, si è sentito in dovere di prendere posizione. Pensiamo alla recente Carofiglio vs Ostuni e alla meno recente (anche se più interessante per quanto concerne i risvolti critici) Carabba vs Ostuni. Senza tenere conto che il rischio di queste dinamiche sia che la presenza di un commentatore finisca per determinarne anche l'autorevolezza – proprio per il semplice fatto che esso rappresenti, in un immaginario condiviso da una certa comunità, un mero riferimento identitario.
 
Eppure le caratteristiche della rete non impedirebbero a un blog letterario di sperimentare strategie di marketing più lente. Non mi sono ancora imbattuto, per esempio, in un blog le cui pubblicazioni interagiscano tra loro come in un libro-gioco. Sì, mi riferisco proprio a quelle splendide pubblicazioni della collana di Arnoldo Mondadori, Scegli la tua avventura, che hanno accompagnato l'infanzia di molti di noi. I libri-gioco, del resto, si sviluppavano proprio su quell'espediente su cui poggerà il web stesso, l'ipertestualità. Sono un universo di rimandi, e potenzialmente di iterazioni infinite, (e di contenuti in costante aumento) a far vivere il web, simile a un tessuto organico che cresce senza limiti.
Un altro esempio di quello a cui mi sto riferendo potrebbe essere un racconto a scatole cinesi, (o un romanzo) che si sviluppi in uno o più blog, ci sarebbero capitoli inanellati tra loro a espandersi  orizzontalmente dal medesimo punto – ovvero, per essere più chiari, pensiamo una pagina web dove sia presente una short story e dove, tutti gli elementi accessori, come le descrizioni, sia il lettore a decidere se espanderli o meno, qualcosa di simile a ciò che ha fatto nei suoi libri, con le note a piè pagina, David Foster Wallace. Sarebbero questi i limiti di una nuova scrittura creativa collettiva che, al pari delle grandi enciclopedie (come la Treccani o la Britannica) sono compilate da innumerevoli autori differenti e distanti tra loro per sensibilità e formazione – al pari della sceneggiatura di un film, se si decidesse di produrre opere di questo genere, sarebbe naturale destinare la scrittura dei dialoghi a chi, fuor di dubbio, ne è maestro riconosciuto, penso a Cormac McCarthy o, nella letteratura fantastica, George R. R. Martin. A questo punto i problemi da risolvere sarebbero di due tipi, quale sarebbe la figura preposta a organizzare questo lavoro? Sarebbe uno scrittore o una specie di direttore artistico? E, soprattutto, come si potrebbe interpretare, in termini filosofici, questa nuova discorsività? Data, non tanto dall'opera testuale in quanto tale, composita, quanto dall'aspetto gestionale a cui la stessa sottenderebbe... Il web ci mette a disposizione strumenti creativi che, tutt'oggi, non hanno ancora trovato il loro pieno sviluppo, solo questo ci dovrebbe far ritrovare l'entusiasmo nei confronti di questo strumento che, volenti o nolenti, non abbiamo ancora avuto la capacità di comprendere intimamente.
 
 
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